Esistono parecchi problemi, a mio avviso, nella scuola italiana originati da molteplici motivi sostanziali: la scuola manca di una infrastruttura organizzativa e pedagogica che permetta di favorire la formazione cognitiva, conoscitiva e razionale dello studente.
Le ragioni di queste lacune non sono solo dovuti ad un insufficiente finanziamento di questa istituzione ma soprattutto ad una distorta visione del concetto di “educazione” e di iter formativo.
Iniziamo ,allora, col porci la domanda: che cosa vuol dire educazione ?
L’educazione è quel processo che porta a formare una persona,sin dalla sua tenera età, intellettualmente, moralmente e psichicamente al fine di fargli conoscere i principi che governano il mondo nel suo essere e nel suo fieri cioè l’essenza della realtà.
In ogni istante il mondo che ci circonda è mosso da innumerevoli eventi che interagiscono tra loro in modo complesso: è il nostro bagaglio culturale e cognitivo che ci permette di interpretare ciò che succede attorno a noi in modo adeguato alle esigenze contingenti e future facendo in modo che la nostra capacità razionale, emotiva e intuitiva,insita in noi, venga guidata nel modo corretto in base alla situazione che si presentano davanti a noi.
E’ in questo senso che un giovane ragazzo deve essere seguito nel suo processo di formazione e di apprendimento.
Ma se è questo il significato del nostro bisogno di apprendere , la scuola vi sembra muoversi in questo senso? La risposta, per quanto mi riguarda, è palesamente negativa.
La verità è che trovare un percorso logico corretto, limpido ed esautistivo in ogni cosa non è sempre facile ed è soprattutto molto faticoso intellettualmente: spesso allora si preferisce porre l’attenzione sul fatto stesso senza ragionare sul merito dello stesso.
Il problema principale della scuola italiana è che questo vizio viene reiterato troppe volte con la conseguenza che spesso la cultura che un giovane possiede alla fine del sui iter scolatisco è prettamente nozionistica e menmonica: ciò è fortemente negativo per la persona sia perché così non possiede gli strumenti per gestire in modo appropriato la realtà , sia perché, per come è strutturato il cervello umano, le informazione non organizzate e non connesse in modo logico ad altre già presenti nel cervello vengono con il tempo rimosse.
Il risultato,insomma, è quello di creare nel cervello un ammasso disorganizzato di informazioni dalle quali non è possibile ricavare facilmente dati interpretativi né per mezzo di processi deduttivi né induttivi: non vengono ,cioè, messe a frutto le reali potenziali dell’individuo sia dal punto di vista razionale che intuitivo.
Purtroppo questo errato modo di insegnare, in generale, non è solo colpa dei cattivi insegnanti ma anche degli editori che pubblicano libri per le scuole non usando mezzi adeguati per l’apprendimento e la riflessione. Inoltre la pedagogia odierna non sembra aver dato ancora la giusta importanza a quanto detto sopra.
Non è un caso, ad esempio, che gli studenti italiani, se paragonati con quelli degli altri paesi europei, risultano da una ricerca recente non abbastanza preparati nelle varie materie pur essendo tra quelli che in media studiano per più ore al giorno.
Esistono, però, altri problemi nella scuola italiana: in primo luogo non c’è alcuna valida selezione degli insegnanti e nessun sistema meritocratico che li premi in base alla loro capacità di educare gli studenti né vi è nessun sistema di controllo su eventuali abusi del potere insegnante sugli alunni.
Le scuole elementari e medie danno troppo risalto allo studio di materie letterarie e molto meno alle materie scientifiche di base, indispensabili per formare ,fin dalla giovane età, la mente del ragazzo sui concetti chiave della fisica, della matematica, della chimica,…
Inoltre anche nel campo letterario viene pesato in modo abnorme l’insegnamento di opere letterarie italiane rispetto a quelle di tutto il resto del mondo come se gli autori stranieri non abbiano dato nessun contributo significativo ed unico al pensiero della nostra civiltà.
La scuola media superiore, inoltre, nel esercizio della sua funzione educatrice non tiene in nessun conto il momento particolare delicato della vita di un giovane ragazzo in cui opera: il periodo dell’adolescenza, infatti, è una fase particolarmente difficile e tumultuosa della crescita di un giovane.
Ritendo che i principali problemi psichici, che possono nascere in una persona , nascano in larga parte proprio nell’adolescenza proprio perché è in questo periodo che avviene la scoperta della sessualità e l’affermarsi della persona nella società. In questo senso, credo sia indispensabile , formare il ragazzo anche da un punto di vista psicologico dandogli degli strumenti di base per capire il funzionamento della psiche al fine di poter comprendere la sua psiche e le sue eventuali difficoltà con più chiarezza.
Per quanto riguarda l’università, ritengo innanzitutto che per molte facoltà cinque anni di corso siano troppo pochi per preparare un buon dottore. Anche all’università, infatti, molti concetti vengono affrontati in modo troppo superficiale o solo nozionistico e non esiste quasi nessuna esercitazione pratica sull’oggetto di studio. Per migliorare la situazione attuale, quindi , sarebbe necessario allungare il periodo di studi universitari.
Dal momento che ritengo frutrante per un studente universitario ritardare ancora l’entrata nel mondo lavorativo si dovrebbe accorciare di un paio di anni la durata della scuola media al fine di prolungare di altri due anni la preparazione universitaria inserendo periodi di pratica e di laboratorio e di maggior riflessione sui concetti trascurati e visti in modo superficiale (spesso essi riguardano pure i concetti e le scoperte della scienza dell’ ultimo decennio) .
Per concludere vorrei aggiungere alcune riflessioni sulle politiche adottate a livello nazionale e sopranazionale nel campo dell’istruzione: la crescente competizione industriale sta portante i vari governi, soprattutto nei paesi emergenti, ad istituire scuole particolarmente selettive che dovrebbero far uscire laureati particolarmente preparati e potenzialmente più portati all’innovazione tecnologica e scientifica.
Io ritengo che tale politica sia corretta solo per quei paesi emergenti che hanno una popolazione molto numerosa e un basso introito statale perché ciò è l’unico modo per sostenere la ricerca e l’innovazione di quel paese.
Non credo ,però, che in generale sia il migliore approccio: una scoperta rilevante non si sa mai da chi possa nascere soprattutto se questa è molto rilevante dal punto di vista scientifico: ciò è dovuto al fatto che concorrono troppe cause e troppe situazioni , non ultimo la capacità creativa e intuitiva della persona molto più difficilmente misurabile di quanto sia la capacità razionale e ancora più della capacità di apprendimento,strettamente connessa con il rendimento scolastico.
In questo senso una istruzione generalizzata maggiore della popolazione, a mio avviso, porta maggiori risultati a livello di capacità di innovazione scientifica (se l’istituzione scolastica non soffre dei problemi dei scuola italiana, menzionati sopra).
A mio avviso, quindi, i paesi sviluppati potranno ancora a lungo competere con i giganti asiatici quali la Cina e l’India solo se riorganizzeranno il sistema scuola al fine massimizzare la formazione del studente secondo criteri pedagogici moderni.